Crisi d’Impresa

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SUPPORTO ALLE IMPRESE SOTTOPONIBILI ALLE PROCEDURE FALLIMENTARIE

 

L’Associazione si pone l’obbiettivo primario di fornire, attraverso la consulenza dei migliori professionisti, la più ampia assistenza e tutela al debitore insolvente.

A tal fine opera a supporto delle imprese sottoponibili a procedure fallimentari, con lo scopo di tutelare il valore dell’impresa a prescindere dalle posizioni individuali dell’imprenditore. Ed in tal senso, strumento principale di raggiungimento di tale obbiettivo è la corretta applicazione degli strumenti di prevenzione e tutela previsti dal Nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’insolvenza 14 del 12 gennaio 2019, abbracciando e facendo propria l’idea riformista che caratterizza questa legge.

Infatti, il nuovo “Codice della crisi d’impresa e della insolvenza” è, a tutti gli effetti, l’espressione di una riforma strutturale e dogmatica di quel modo di concepire e di atteggiarsi del diritto concorsuale, cui il legislatore è pervenuto attraverso una comparazione di opzioni politico legislative tra vecchio e nuovo sistema delle procedure, con superamento di un’ottica meramente punitiva del debitore.

DALLA TUTELA DEL CREDITORE ALLA TUTELA DEL DEBITORE

 

In tal senso, basti considerare che fino a qualche tempo il fallito veniva considerato come un soggetto negativo, meritevole di essere estromesso dalla società. L’unico interesse del legislatore era di tutelare sempre e comunque il creditore.

Dal medioevo, fino alla fine del XVIII secolo, il debitore fallito subiva la punizione del carcere, violenze fisiche e gogna pubblica, oltre all’obbligo di pagare i creditori. Ed il pagamento dei creditori non riabilitava mai il debitore di fronte alla società.

Questi condizionamenti in ordine alla moralità del debitore hanno pervaso ed in parte pervadono ancora oggi la nostra società, determinando un approccio ostile nei confronti del debitore, anche se la causa dell’indebitamento è dipesa da sfortuna o malasorte.

Con le riforme intervenute nell’ambito del diritto fallimentare, il legislatore ha iniziato a comprendere che il fallimento, come sanzione per il debitore, non portava vantaggi ai creditori, che spesso non riuscivano a recuperare i loro crediti, e non portava vantaggi economici alla società, perché il debitore fallito difficilmente riusciva a riabilitarsi, perdendo per sempre un patrimonio sociale ed economico.

Così, il legislatore ha previsto una serie di strumenti alternativi al fallimento, come il concordato, in tutte le sue declinazioni, l’accordo di ristrutturazione, i piani attestati, la transazione fiscale, e non da ultimo, l’istituto della esdebitazione, che per la prima volta viene introdotto nel nostro ordinamento.

Gli strumenti giuridici richiamati tendono a superare lo stato di crisi dell’impresa fallibile, mediante accordi di natura pubblicistica.

Al contempo, con l’introduzione dell’istituto dell’esdebitazione, il debitore insolvente, all’esito della chiusura del fallimento, ed alle condizioni stabilite dalla norma, potrà azzerare i propri debiti rimasti insoluti, che rimarrebbero impagati per sempre.

Tutti gli interventi riformatori, tuttavia, si ponevano in un’ottica di supporto del debitore a fronte di una condizione di crisi già esistente, senza alcuna funzione preventiva di tutela dell’impresa.

IL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA E DELL’INSOLVENZA: UNA ROTTURA CON IL PASSATO

 

Ad una vera e propria rottura con il passato si assiste con il nuovo Codice della Crisi, dal quale emerge un maggiore rispetto per il debitore: vengono infatti messi a sua disposizione diversi strumenti, allo scopo di gestire al meglio le situazioni di crisi e consentire la continuità del ciclo produttivo.

In tal senso, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza fornisce alle aziende nuovi strumenti già finalizzati ad una diagnosi precoce dello stato di difficoltà, con l’obiettivo di garantire la continuità aziendale.

Tra le misure della riforma spiccano:

  • La sostituzione del termine fallimento con l’espressione “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene in altri Paesi europei, al fine di evitare il discredito sociale anche personale che anche storicamente si accompagna alla parola “fallito”;
  • Si introduce un sistema di allerta finalizzato a consentire la pronta emersione della crisi;
  • Si dà priorità di trattazione alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando continuità aziendale;
  • Si privilegiano, tra gli strumenti di gestione delle crisi e dell’insolvenza, le procedure alternative a quelle dell’esecuzione giudiziale;
  • Si uniforma e si semplifica la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;
  • Si prevede la riduzione della durata e dei costi delle procedure concorsuali;
  • Si istituisce presso il Ministero della Giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere su incarico del tribunale funzioni di gestione o di controllo nell’ambito di procedure concorsuali, con l’indicazione dei requisiti di professionalità, esperienza e indipendenza necessari all’iscrizione;
  • Si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.

 

In sostanza, gli obbiettivi che il legislatore si è posto con la riforma del codice sono quelli di:

 

  • Consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese;
  • Salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro a un fallimento di impresa;
  • Orientare a una prospettiva di risanamento dell’impresa e comunque del più elevato soddisfacimento dei creditori;
  • Consentire all’imprenditore di disporre di un buon numero di alternative per affrontare una situazione economica sfavorevole e presidiare maggiormente i creditori sociali;
  • Istituire un assetto contabile e organizzativo in grado di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale (art. 2086 cc);
  • Istituire un sistema di allerta che possa consentire la pronta emersione della crisi (segnalazione ad organismi chiamati OCRI) e relativa definizione e gestione di un piano industriale e di rientro.
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GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE E EFFICACIA ESTESA

 

Così, ad esempio, per quanto attiene ai nuovi accordi di ristrutturazione della crisi, vengono valorizzati alcuni tipi di accordi, denominati “accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa” (art. 61 CCI), che hanno effetto non solo per i creditori aderenti ma anche per i creditori estranei all’accordo, imponendo una falcidia anche a questi ultimi. Tra questi, vi sono gli accordi ad efficacia estesa nei confronti delle banche (oggi disciplinato dall’art. 182-septies L.F. assieme alla convenzione di moratoria), le quali potrebbero subire l’accordo, anche se non aderenti, e quindi avere lo stesso trattamento riservato alle banche aderenti; ma soprattutto di rilievo sono gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria (art. 48, comma 5, CCI), fattispecie oggi non prevista, cioè che consentono di falcidiare il credito tributario e previdenziale anche senza l’adesione dell’Erario a condizione della maggior convenienza della proposta (fatta all’Erario) rispetto all’alternativa liquidatoria. Tale maggior convenienza deve risultare da una relazione del professionista – che deve essere allegata alla proposta di accordo – e che poi viene valutata d’ufficio dal Giudice, il quale, previa verifica della convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria (da intendersi come in caso di liquidazione giudiziale), si sostituisce al mancato assenso dell’Erario omologando l’accordo qualora necessario per il raggiungimento del 60%.

L’impostazione dell’art. 61 CCI ricorda quella dell’art. 182-septies del R.D. 267/42, pur differenziandosene per contenuto. Ed infatti la differenza si coglie soprattutto sotto un profilo soggettivo, in quanto la nuova disciplina si contraddistingue per un ampliamento del campo di applicazione, coinvolgendo anche soggetti diversi dai creditori bancari e finanziari, oltre ad inserire il “principio” della convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria ed il requisito del carattere non liquidatorio della proposta di accordo (quest’ultimo – allo stato – derogabile solo se l’efficacia estesa è nei confronti di banche o intermediari finanziari).

Vi sono poi altri casi in cui la percentuale minima per ottenere l’omologa dell’accordo scende al 30% (cd. accordi di ristrutturazione agevolati): tali ipotesi sono state introdotte dalla riforma (art. 60 CCI), e ricorrono qualora il debitore non richieda misure protettive oppure qualora non sia prevista la dilazione del pagamento dei creditori estranei, fermo restando che, anche in tal caso, se per il raggiungimento del 30% serve l’assenso dell’Erario, il Giudice può comunque omologare l’accordo se risulta che la proposta è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. La ratio di tale disposizione è probabilmente da ricercarsi nel comportamento del Fisco, il quale spesso non dà l’assenso alla proposta; il legislatore, quindi, ha voluto inserire nel nuovo codice uno strumento di favore per l’imprenditore in crisi, spostando sostanzialmente la verifica della convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria sul Giudice, il quale potrà di fatto sostituirsi all’espressione di voto da parte dell’Amministrazione Finanziaria qualora quest’ultima non abbia prestato il consenso o non abbia fornito risposta.

Ulteriore novità si riscontra anche relativamente ai piani attestati di risanamento, oggi nominati e disciplinati esclusivamente nella lett. d) del terzo comma dell’art. 67 L.F., che stabilisce l’esenzione da revocatoria fallimentare nel caso in cui gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore siano stati posti in essere in esecuzione di un piano attestato di risanamento dell’impresa. Detti piani, invece, trovano maggiore spazio nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in quanto il legislatore all’art. 56, rubricato “Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento”, ne ha introdotto una disciplina autonoma ed analitica.

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CRISI D’IMPRESA: GLI OBIETTIVI DELL’ASSOCIAZIONE

 

Da quanto su esposto è, pertanto, evidente che si sia in presenza di un vero e proprio “salto culturale”: dalla medicina che cura la malattia, alla medicina che ne previene i sintomi.

In tale ottica funzionale, obbiettivo dell’Associazione è quella di supportare le imprese grazie alla consulenza dei migliori professionisti, al fine di consentire la miglior applicazione della disciplina prevista dal Nuovo Codice della Crisi di Impresa, definendo linee guida e protettive per la stessa, al fine di prevenire, anziché combattere, la potenziale situazione di crisi e, dove questa si sia manifestata, indirizzare all’applicazione degli strumenti previsti dal codice prevenire “il fallimento” e consentire la prosecuzione dell’attività produttiva e di reddito, a tutela dell’impresa e di chi in essa svolge la propria attività lavorativa.

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